venerdì 6 giugno 2008

Scale condominiali


Scale condominiali

4 commenti:

Mascalzonelatino ha detto...

SCALE CONDOMINIALI


--------------------------------------------------------------------------------

SOMMARIO: a) Aperture; b) Circolazione dell'aria; c) Corrimano; d) Edifici limitrofi; e) Pianerottoli; f) Presunzione di comproprietà; g) Proiezione delle scale; h) Proprietari dei locali terranei; i) Pulizia; l) Sottoscala; m) Spese; n) Uso esclusivo.





a) Aperture



Nel condominio degli edifici il godimento delle cose comuni da parte dei singoli condomini assurge ad oggetto di tutela possessoria quando uno di essi abbia causato agli altri partecipanti alla comunione la privazione o la turbativa del loro compossesso, e non anche quando il medesimo condomino, nell'esercizio delle facoltà ricomprese nel proprio diritto di comproprietà, abbia immutato lo stato della cosa comune ma senza privare o turbare il compossesso degli altri condomini. (Nella specie, la Suprema Corte, enunciando il surriportato principio, ha cassato la decisione che aveva condannato un condomino a chiudere la porta dal medesimo aperta su di una scala da cui in precedenza non si accedeva alla sua unità immobiliare, senza prima accertare se detta scala costituisse un bene comune di tutti i condomini, ovvero fosse riservata all'uso di alcuni di essi, con esclusione del condomino che aveva proceduto all'apertura della porta stessa).

* Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 1985, n. 312, Checchia c. Martuscelli.



Qualora risulti accertato dal giudice del merito che l'apertura praticata da un condomino in corrispondenza delle scale del fabbricato comune non abbia apportato alcun mutamento alla conformazione e allo spazio delle scale, non abbia limitato il godimento degli altri condomini, non abbia arrecato alcun danno alle parti comuni o pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e al decoro architettonico del fabbricato, la relativa fattispecie rientra nella disciplina dell'uso della cosa comune.

* Cass. civ., sez. II, 20 giugno 1977, n. 2589.



La manifestazione assembleare di parere favorevole , espresso in via generica, non può avere valore autorizzativo dell'attività che i condomini intendono svolgere su beni di proprietà comune (nella specie, apertura di un nuovo accesso sul pianerottolo).

* Corte app. Napoli, 29 giugno 1991, n. 1601, in Arch. loc. e cond., 1991, 761.



b) Circolazione dell'aria



La chiusura con finestre a vetri con telaio metallico realizzata su balconi di proprietà esclusiva dei singoli condomini è illegittima, allorché, limitando la circolazione dell'aria all'interno delle scale e dei pianerottoli e determinando conseguenti ristagni di odori, può creare situazioni di pericolo o danni alle parti comuni dell'edificio.

* Trib. civ. Milano, sez. VIII, 26 giugno 1989, Gallo e altri c. Condominio di via Val Lagarina 67, Milano e Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Milano e Pastino e altri, in Arch. loc. e cond., 1990, 321.



c) Corrimano



La disposizione dell'ultima parte del secondo comma dell'art. 16 del d.p.r. 27 aprile 1955, n. 547, a norma del quale le rampe delle scale delimitate da due pareti debbono essere munite almeno di un corrimano, non si applica alle rampe delimitate da una parete e da un parapetto normale che, per quanto privo della funzione di appiglio, consente, comunque, l'appoggio.

* Cass. civ., sez. III, 18 ottobre 1991, n. 11001, Parodi c. Inail.



d) Edifici limitrofi



La norma di cui all'art. 1117 c.c., che include le scale tra le cose che si presumono comuni, ove non risulti espressamente dal titolo, non è limitata all'ipotesi di edifici divisi per piano, ma è applicabile, per analogia, anche quando si tratti di edifici limitrofi appartenenti a proprietari diversi, persino se aventi caratteristiche di edifici autonomi, sempre che le cose di cui si controverte, pur insistenti sull'area di uno solo di essi (o a cavallo del confine), risultino destinate oggettivamente e stabilmente alla conservazione o all'uso di entrambi gli edifici medesimi.

* Cass. civ., sez. II, 1 marzo 1995, n. 2324, Rossa c. Zora.



La circostanza che la scala comune di un edificio condominiale sia utilizzata da uno dei condomini anche per accedere, tramite l'appartamento di sua proprietà sito nello stabile condominiale, ad una sua diversa proprietà sita in un edificio autonomo (e dotato di una propria scala), adiacente a quello in condominio e di più recente costruzione, non vale a far operare per detta scala, anche con riferimento a quest'ultima proprietà, la presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c., il cui presupposto è la permanente ed oggettiva destinazione di determinate cose o parti al servizio e godimento collettivo, cioè di tutti i condomini (salva l'eventuale rilevanza che sotto altri profili possa avere tale situazione di assoggettamento del bene al servizio anche dell'immobile estraneo al condominio). Ne consegue che il proprietario del bene immobile estraneo al condominio non può essere chiamato, in tale veste, a partecipare alle spese di riparazione o ricostruzione delle scale condominiali.

* Cass. civ., sez. II, 7 maggio 1997, n. 3968, R. Buffardi c. G. Buffardi.



e) Pianerottoli



A norma dell'art. 1102, comma primo, cod. civ., il condomino di un edifico ha il diritto di usare dei vani delle scale, in genere, e dei pianerottoli, in particolare, collocando davanti alle porte d'ingresso alla sua proprietà esclusiva zerbini, tappeti e piante o altri oggetti ornamentali (ciò che normalmente si risolve in un vantaggio igienico-estetico per le stesse parti comuni dell'edificio), ma tali modalità d'uso della cosa comune trovano un limite invalicabile nella particolare destinazione del vano delle scale e nella esistenza del rischio generico già naturalmente connesso all'uso delle scale stesse, non potendo tale rischio essere legittimamente intensificato mediante la collocazione di dette suppellettili nelle parti dei pianerottoli più vicine alle rampe delle scale, in maniera da costringere gli altri condomini a disagevoli o pericolosi movimenti, con conseguente violazione del canone secondo cui l'uso della cosa comune, da parte di un comunista, non deve impedire agli altri comunisti un uso tendenzialmente pari della medesima cosa.

* Cass. civ., sez. II, 6 maggio 1988, n. 3376, Marelli c. Gasparre.



Allorquando una delle cose elencate dalla norma dell'art. 1117 cod. civ. serva per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali al godimento di una parte dell'edificio in condominio la quale formi oggetto di un autonomo diritto di proprietà, viene meno la presunzione legale di comunione della cosa, derivante dalla sua destinazione all'uso comune, in quanto in tale ipotesi la presunzione è vinta dalla particolare destinazione della cosa, così come è superata dalla presenza di un titolo contrario. (Nella specie, la S.C. in base all'enunciato principio ha annullato la decisione del merito che aveva attribuito la proprietà esclusiva del pianerottolo dell'ultimo piano dell'edificio condominiale al proprietario dell'unico appartamento, avente accesso da esso, senza la necessaria indagine sulle caratteristiche strutturali e funzionali del pianerottolo e della correlativa unica scala che serviva anche gli altri piani e i relativi appartamenti).

* Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1985, n. 2070, Hershmann c. Caiani.



La scala, che serve di accesso a diversi piani o frazioni di piano di un edificio, deve essere considerata, nella sua struttura unitaria ed in relazione al fine a cui serve, come bene comune indivisibile per presunzione di legge, salvo che il contrario non risulti dal titolo. Conseguentemente vanno considerati tra le cose comuni anche i pianerottoli, che costituiscono elementi della scala, della quale rendono possibile la funzione.

* Cass. civ., 17 gennaio 1963, n. 38.



I pianerottoli, quali elementi essenziali della scala di accesso ai diversi piani dell'edificio in condominio, sono per presunzione di legge, salvo diverso titolo, in comproprietà fra tutti i condomini. Pertanto, la loro utilizzazione da parte dei singoli condomini è soggetta alla disciplina propria dell'uso individuale della cosa comune, con la conseguenza che è del tutto legittima la creazione di un secondo ingresso ad un appartamento di proprietà esclusiva, in corrispondenza del pianerottolo antistante, ove non limiti il godimento degli altri condomini e non arrechi pregiudizio all'edificio ed al suo decoro architettonico.

* Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 1981, n. 843, Barbera c. Puglia.



I pianerottoli, quali componenti essenziali delle scale comuni, sono per presunzione di legge - salvo diverso titolo - comuni tra tutti i condomini. Essi non possono essere, quindi, incorporati nell'appartamento di proprietà esclusiva del singolo condomino, in quanto tale incorporazione costituisce un'alterazione della destinazione della cosa comune ed un'utilizzazione esclusiva di essa, lesiva del concorrente diritto degli altri condomini.

* Cass. civ., sez. II, 16 dicembre 1974, n. 4299.



L'atto costitutivo del condominio può senz'altro sottrarre al regime della condominialità, di cui all'art. 1117 c.c., i pianerottoli di accesso dalle scale ai singoli appartamenti e riservarli, in tutto o in parte, al dominio personale esclusivo dei proprietari di questi.

* Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 1994, n. 1776, Marocco c. Lanzetti.



Titolo idoneo a vincere la presunzione di comunione, di cui all'art. 1117 c.c., non è l'atto di acquisto del singolo appartamento condominiale, bensì il negozio posto in essere da colui o da coloro, che hanno costituito il condominio dell'edificio. Infatti questo negozio, rappresentando la fonte comune dei diritti dei condomini, ne determina l'estensione e le limitazioni reciproche e può spiegare efficacia tra le parti.

* Cass. civ., sez. II, 9 maggio 1978, n. 2248. Conforme, Cass. civ., sez. II, 20 gennaio 1977, n. 297.



In tema di condominio di edifici la presunzione di proprietà comune di un bene compreso nell'elenco di cui all'art. 1117 c.c. (nella specie: pianerottolo) può essere vinta quando vi sia un titolo contrario e si tratti di beni, di fatto, destinati al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari.

* Cass. civ., sez. II, 12 novembre 1998, n. 11405, Grassi c. Bartholini.



Il diritto di ciascun partecipante di usare la cosa comune, anche più intensamente degli altri, non si estende fino al punto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso. La chiusura di una porzione di pianerottolo comune con una parte accessibile ad un solo condomino muta, invece, il comune possesso della porzione in possesso esclusivo del condomino e comporta un'estensione del suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri condomini.

* Corte app. civ. Milano, sez. I, 22 luglio 1997, n. 2520, Soc. Ambra Nuova c. Condominio di Via Correggio n. 19 in Milano, in Arch.

loc. e cond., 1998, 228.



La controversia instaurata da un condomino che chiede la rimozione di un cancello posto da altro condomino, con l'autorizzazione dell'assemblea dei condomini, a chiusura del pianerottolo dell'ultimo piano della scala comune dell'edificio, dopo avere dotato di chiavi tutti gli altri condomini, appartiene, anche quando sia stato chiesto l'accertamento incidentale della nullità della delibera assembleare di autorizzazione, alla competenza del giudice conciliatore perché, non essendovi contestazione sull'esistenza del diritto, è relativa alle modalità di godimento della cosa comune.

* Cass. civ., sez. II, 19 maggio 1992, n. 5979.



Nel caso in cui un condomino, munendo di ringhiera la scala ed il pianerottolo di accesso al vano di sua proprietà, abbia trasformato il pianerottolo in terrazzino, si è in presenza di un'utilizzazione della cosa comune ovvero della costituzione di un peso a favore della proprietà esclusiva del condominio sulla proprietà comune e non a carico di quella esclusiva di altro condomino, con la conseguenza che non trovano applicazione le norme che disciplinano le vedute su fondo altrui (art. 907 c.c.), bensì quelle in tema di condominio che consentono al condomino di servirsi delle parti comuni per il miglior godimento della cosa senz'altro limite che l'obbligo di rispettare la destinazione e di tutelare la stabilità ed il decoro architettonico dell'immobile e di non ledere i diritti degli altri condomini. * Cass. civ., sez. II, 1 dicembre 1992, n. 12833, Di Lieto L. c. Di Lieto M..



In tema di condominio negli edifici, i pianerottoli quali componenti essenziali delle scale comuni e così avendo funzionale destinazione al migliore godimento dell'immobile da parte di tutti i condomini, non possono essere trasformati, dal proprietario dell'appartamento che su di essi si affacci, in modo da impedire l'uso comune, mediante l'incorporazione nell'appartamento, comportando una alterazione della destinazione della cosa comune ed una utilizzazione esclusiva di essa, lesiva del concorrente diritto degli altri condomini nonché - in sede possessoria - lesiva del compossesso degli stessi.

* Cass. civ., sez. II, 2 agosto 1990, n. 7704, Paolini c. Imperoli.



Non è lesiva degli interessi dei condomini la costruzione di un manufatto murario (realizzato in modo da escludere la lesione al decoro architettonico dello stabile) eretto a chiusura di un pianerottolo di esclusiva spettanza del proprietario degli appartamenti prospicienti sullo stesso, in quanto trattasi dell'esercizio di un diritto spettante in virtù del titolo dominicale sul bene.

* Trib. civ. Milano, sez. VIII, 3 luglio 1989, Condominio di via Scialoia n. 6, Milano e altri c. Grasso e altra e Russo e Tincati L. e R. e Bressi e altri.



La presunzione di cui all'art. 1117 c.c. può essere superata anche in mancanza di un'espressa previsione del titolo quando si accerti che una determinata parte dell'edificio (nella specie: corridoio antistante a due appartamenti) sia destinata in modo permanente a servizio o ornamento di una porzione immobiliare di proprietà esclusiva di un condomino o al servizio di alcune porzioni soltanto, non risultando di alcuna utilità concreta per l'uso comune.

* Trib. civ. Milano, 17 dicembre 1990, in Arch. loc. e cond., 1991, 800.



E' da ritenersi lecita l'installazione di una telecamera nel pianerottolo comune che consenta la sola diretta osservazione del portone di ingresso e dell'area antistante la porta di ingresso alla singola unità immobiliare; mentre non è ammissibile l'installazione di apparecchiature che consentano di osservare le scale, gli anditi ed i pianerottoli comuni, in quanto ciò comporta una possibile lesione e compressione dell'altrui diritto alla riservatezza.

* Trib. civ. Milano, 6 aprile 1992, in Arch. loc. e cond., 1992, 823.



Il pianerottolo delle scale di un fabbricato in condominio costituisce luogo aperto al pubblico in quanto consente l'accesso ad una indistinta categoria di persone e non soltanto ai condomini.

* Cass. pen., sez. I, 3 febbraio 1983, Chiappero



f) Presunzione di comproprietà



La presunzione di proprietà condominiale delle scale non viene superata dal mero fatto per cui il regolamento condominiale, tra varie scale esistenti per l'accesso al lastrico di copertura, ne privilegi una, espressamente indicandola come normale via di accesso ad esso.

* Cass. civ., sez. II, 26 novembre 1999, n. 13200, Carissimi c. Cond. Via Hugo 2/4, Via Cantù 1/3.



Poiché ai sensi dell'art. 1117 c.c. n. 1 le scale, con gli annessi pianerottoli, essenziali alla funzionalità del fabbricato, sono presuntivamente di proprietà condominiale, pur se alcune rampe sono poste in concreto al servizio di singole proprietà, per dimostrarne l'appartenenza esclusiva al titolare di queste, è necessario un titolo contrario, contenuto non già nella compravendita delle singole unità immobiliari, bensì nell'atto costitutivo del condominio.

* Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1998, n. 1498, Toniolo c. Delfino ed altri, in Arch. loc. e cond., 1998, 378.



g) Proiezione delle scale



In un edificio condominiale, l'area costituita dalla proiezione delle scale, sulle verticali in alto e in basso, si presume comune, a norma dell'art. 1117 c.c., e tale presunzione può essere vinta soltanto da un titolo contrario, il quale non è ravvisabile nella generica riserva dell'originario proprietario di apportare al fabbricato le modifiche murarie che avesse ritenuto opportune, contenuta nel regolamento condominiale.

* Cass. civ., sez. II, 4 agosto 1977, n. 3486.



In un edificio in condominio, le scale - oggetto di proprietà comune a norma dell'art. 1117 n. 1 c.c., se il contrario non risulta dal titolo - comprendono l'intera relativa cassa, di cui costituiscono componenti essenziali ed inscindibili le murature che la delimitano, assolvano o meno le stesse, in tutto o in parte, anche la funzione di pareti delle unità immobiliari di proprietà esclusiva cui si accede tramite le scale stesse. Ne consegue che, anche quando i lavori di manutenzione o ricostruzione delle scale importino il rafforzamento delle murature svolgenti anche tale ultima funzione, con indiretto vantaggio dei proprietari specificamente interessati, la ripartizione delle spese deve avvenire in base alla regola posta dall'art. 1124, primo comma c.c., salvo che (diversamente che nella specie pervenuta al giudizio della Suprema Corte) oggetto dei lavori siano non il vano scale nel suo complesso ma solo le murature costituenti le pareti perimetrali delle unità immobiliari prospicienti il vano scale (e quest'ultimo in tutto o parte delimitanti), poiché in tale ultimo caso la ripartizione delle spese va effettuata mediante l'applicazione, opportunamente coordinata, dei criteri fissati dagli artt. 1123, secondo comma e 1124, primo comma, c.c.

* Cass. civ., sez. II, 7 maggio 1997, n. 3968, Buffardi c. Beffardi.



In un edificio in condominio, l'area costituita dalla proiezione delle scale si presume comune a norma dell'art. 1117 c.c., e tale presunzione di comunione può essere vinta solo da un titolo contrario e non da un'altra presunzione, quale può essere quella derivante dalla proprietà della soprastante soffitta.

* Cass. civ., 18 maggio 1967, n. 1055.



L'area soprastante alla gabbia di una scala comune deve ritenersi comune, ed a ciò non è di ostacolo l'esistenza d'una copertura a terrazza adiacente all'appartamento d'uno dei condomini, perché in mancanza di titolo che ne attribuisce la piena ed assoluta proprietà, deve ritenersi che il condomino abbia il diritto soltanto di esercitarvi il calpestio. * Cass. civ., 23 novembre 1962, n. 3173.

La proprietà condominiale di tutto il volume lasciato libero dalle scale (vano scala) e delimitato da queste non sembra rientrare tra le parti comuni di cui all'art. 1117 c.c., onde non pare al riguardo invocabile la relativa presunzione, al pari di qualsiasi opera che si trova eretta su parti comuni.

* Trib. civ. Milano, sez. VIII, 8 giugno 1992, Novati e altri c. Società Ila, in Arch. loc. e cond., 1993, 330.



h) Proprietari dei locali terranei



L'androne e le scale di un edificio sono oggetto di proprietà comune ai sensi dell'art. 1117 cod. civ. anche dei proprietari dei locali terranei che abbiano accesso direttamente dalla strada, in quanto costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato diviso in piani e porzioni di piano di proprietà individuale e rappresentano inoltre tramite indispensabile per il godimento e la conservazione delle strutture di copertura; pertanto, tali proprietari rientrano fra gli obbligati al contributo per la sistemazione dell'androne.

* Corte app. civ. Milano, sez. I, 9 ottobre 1987, n. 1983, Condominio di via Console Marcello 18/2 di Milano c. Dondoli, in Arch. loc. e cond.,1989, 707.



i) Pulizia



In tema di condominio di edifici, la disposizione dell'art. 1124 c.c. concernente la ripartizione fra i condomini delle spese di manutenzione delle scale, come la norma di regolamento condominiale che vi si conformi, riguarda le spese relative alla conservazione della cosa comune che si rendono necessarie a causa della naturale deteriorabilità della stessa per consentirne l'uso ed il godimento e che attengono a lavori periodici indispensabili per mantenere la cosa in efficienza. La disposizione non riguarda, pertanto, le spese di pulizia delle scale, alle quali i condomini sono tenuti a contribuire in ragione dell'utilità che la cosa comune è destinata a dare a ciascuno e che l'assemblea può legittimamente ripartire in virtù delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 c.c., anche modificando i precedenti criteri con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c. trattandosi di criteri aventi natura solo regolamentare.
* Cass. civ., sez. II, 19 febbraio 1993, n. 2018, Caneva c. Condominio di Via Kennedy n. 7 di Cologno Monzese.



In tema di ripartizione di oneri condominiali, le spese per l'illuminazione e la pulizia delle scale non configurano spese per la conservazione delle parti comuni, tendenti cioè a preservare l'integrità e a mantenere il valore capitale delle cose (artt. 1123, comma primo e 1124, comma primo, c.c.), bensì spese utili a permettere ai condomini un più confortevole uso o godimento delle cose comuni e di quelle proprie; con la conseguenza che ad esse i condomini sono tenuti a contribuire, non già in base ai valori millesimali di comproprietà, ma in base all'uso che ciascuno di essi può fare delle parti comuni (scale) in questione, secondo il criterio fissato dall'art. 1123, comma secondo, c.c.

* Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 1996, n. 8657, Calvigioni c. Condominio di via Fucini n. 284 in Roma, in Arch. loc. e cond., 1997, 80.



Qualora il portiere sia sostituito con lavascale e sia stato in tal modo istituito un nuovo e diverso rapporto per la pulizia dell'androne, delle scale e degli altri luoghi comuni di passaggio dello stabile, il criterio di ripartizione delle spese relative tra i condomini non può più identificarsi con quello stabilito dal regolamento per le spese del ben diverso rapporto di portierato. E qualora nel regolamento di condominio manchi un'esplicita disciplina per la predetta sostituzione, l'adozione di un nuovo criterio di ripartizione delle spese rispondenti alla nuova situazione può fissarsi con deliberazione a maggioranza dei condomini, non risolvendosi nella menomazione di alcun loro diritto risultante dagli atti di acquisto o da altra convenzione. (Nella specie: il giudice di merito aveva ritenuto ripartibili le spese per il lavascale a norma dell'art. 1124 c.c. che disciplina la manutenzione delle scale giusta la delibera dell'assemblea condominiale la quale - sostituito il servizio di portierato con quello di lavascale - aveva modificato la norma del regolamento secondo cui le spese di portierato dovevano essere divise in base al valore millesimale degli appartamenti).

* Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1970, n. 801.



E' illegittima la delibera di un'assemblea condominiale che decida a maggioranza di applicare una quota suppletiva del 60% relativamente alla voce pulizia scale nei confronti di un condomino proprietario di un ufficio professionale privato.

* Trib. civ. Genova, sez. III, 8 maggio 1992, n. 1548, Soc. Dino c. Cond. di via Granello n. 3 di Genova, in Arch. loc. e cond., 1993, 122.



I criteri di ripartizione delle spese stabiliti dal regolamento contrattuale non possono essere modificati dall'assemblea condominiale per facta concludentia, essendo invece necessario il consenso di tutti i condomini. (Fattispecie in tema di ripartizione delle spese di pulizia e di manutenzione delle scale).

* Corte app. civ. Milano, sez. I, 6 aprile 1993, n. 606, in Arch. loc. e cond., 1994, 334.



In difetto di titolo contrario, ove un'area dell'edificio condominiale debba presumersi di proprietà comune, per effetto della utilità che i condomini ne traggono, la medesima presunzione deve valere anche per la scala (dell'edificio stesso) che ad essa dà accesso.

* Cass. civ., sez. II, 14 marzo 1977, n. 1027.



l) Sottoscala



Nella ipotesi in cui un condomino risulti proprietario esclusivo della rampa di scale accedente al suo appartamento, la parte di area sottostante le scale non può ritenersi idonea a costituire, con esse, una entità unica ed inseparabile (così da rendere non predicabile la ipotesi che il dante causa del detto condomino, nell'alienare la proprietà delle scale, abbia potuto escludere dalla vendita la superficie sottostante), postulando il concetto di incorporazione, al pari di quello di accessione, una unione fisica e materiale del manufatto rispetto suolo (o, in ogni caso, l'impossibilità di utilizzare il suolo stesso come entità autonoma rispetto al manufatto), ciò che non è lecito affermare con riguardo ad una superficie (libera) sormontata da una rampa di scale.
* Cass. civ., sez. II, 8 settembre 1997, n. 8717, Soracco c. Morando.

L'autorizzazione di un'assemblea con voto di maggioranza a chiudere un sottoscala non può essere considerata altro che una precarietà e non può avere effetto traslativo.

* Trib. civ. Milano, 7 novembre 1991, in L'Ammin. 1991, n. 10.



m) Spese



Non può invocarsi la disciplina legislativa di cui all'art. 1124 cod. civ. in merito all'onere delle spese di ricostruzione delle scale comuni e, in via analogica, degli ascensori, quando sul punto vi è una disciplina convenzionale fra i condomini, contenuta nel regolamento condominiale, avente carattere contrattuale.

* Cass. civ., sez. II, 16 luglio 1981, n. 4646, Luini c. Cond. XX Aprile.



A norma dell'art. 1117, n. 1, c.c., le scale di un edificio condominiale, anche se più di una e poste concretamente al servizio di parti diverse dell'edificio stesso, vanno sempre considerate, in assenza di un contrario titolo negoziale, di proprietà comune di tutti i condomini, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'art. 1123, ultimo comma, c.c., il quale, proprio sul presupposto di tale comunione, disciplina soltanto la ripartizione delle spese per la conservazione ed il godimento di esse, ispirandosi al criterio della utilità che ciascun condomino o gruppo di condomini ne trae.

* Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 1996, n. 1357, Stramaglia c. De Benedictis, in Arch. loc. e cond., 1996, 509.



Ove nell'edificio condominiale siano compresi locali forniti di un accesso diverso dall'androne e dal vano scale, anche i proprietari di detti locali sono tenuti - in difetto di difformi clausole del regolamento di condominio - a concorrere alle spese di manutenzione (ed, eventualmente, di ricostruzione) dell'androne e delle scale, in rapporto e proporzione all'utilità che anche essi possono, in ipotesi, trarne quali condomini, e ciò sia avuto riguardo all'uso, ancorché ridotto, che possono fare dell'androne e delle scale per accedere, come è loro diritto, nei locali della portineria e al tetto o lastrico solare, sia avuto riguardo all'obbligo e alle connesse responsabilità che anch'essi hanno, quali condomini, di prevenire e rimuovere ogni possibile situazione di pericolo che possa derivare alla incolumità degli utenti dall'inefficiente manutenzione dei suddetti beni comuni. In particolare, per le ragioni esposte, alle spese di illuminazione dell'androne e delle scale devono concorrere, ancorché in misura ridotta, pure i condomini, quali i proprietari di autorimesse e di botteghe, che non ne usufruiscono per accedere alle loro proprietà esclusive.

* Cass. civ., sez. II, 6 giugno 1977, n. 2328.



n) Uso esclusivo



L'uso esclusivo di una scala in campo condominiale non significa proprietà della stessa e meno ancora la proprietà del sottoscala, con tutte le conseguenze di legge.

* Trib. civ. Milano, 7 novembre 1991, in L'Ammin. 1992, n. 2.

fonte confedilizia

Mascalzonelatino ha detto...

ESONERO SPESE SCALE

> Un Condomino, di Sua iniziativa, tampona la porta attraverso la quale
> accede al vano scale e chiede l'esonero da ogni spesa relativa al vano scale stesso. E' corretto ?

assolutamente no!
lui paga! art. 1118 secondo comma!
---------- Initial Header -----------




Art.1118
(Diritti dei partecipanti sulle cose comuni)
Il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall'articolo precedente è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti.
Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione.

Mascalzonelatino ha detto...

Condominio: i costi per la pulizia delle scale non possono essere commisurati alla diversa frequenza d'uso.

A norma dell'art. 1124 c.c. 1 comma «Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo ».Per giurispridenza pressochè costante tale criterio va applicato anche ai costi per la pulizia delle scale in quanto trattasi di voce di spesa che può essere ricondotta nella manutenzione. Talvolta, come nel caso di specie in cui quattro dei cinque piani di un condominio sono adibiti ad albergo ed un unico piano a civile abitazione, si è tuttavia posto il problema dell'equità del criterio di cui sopra se l'uso che i diversi condomini fanno delle scale è effettivamente disomogeneo.Tanto in primo grado quanto in appello è stato ritenuto applicabile il criterio di cui all'art. 1123 c.c., 2 comma per cui, in materia di riapartizione delle spese condominiali, «Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne».
Conseguentemente, in riforma della delibera assembleare, il giudice di merito ha ritenuto doversi rivedere il criterio di riparto tenendo conto del notevole maggior uso delle scale effettuato dall'albergo, per il continuo andirvieni di avventori. La S.C. tuttavia, in riforma dell'impugnata sentenza che pure ad una prima impressione potrebbe apparire ispirata a criteri di equità e razionalità oltre che fondata in punto di diritto stante il richiamato art. 1123, 2 comma, osserva come detto articolo «ha riguardo a parti comuni che oggettivamente e strutturalmente sono utilizzabili in diversa misura dai condomini, e non all'uso che concretamente i condomini ne facciano» (cfr. Cass., 6 dicembre 1991, n. 13160, in Mass. Foro it., 1991).
Ed è innegabile che le scale siano destinate a servire l'intero immobile, a prescindere dalla situazione di fatto di maggiore o minor uso. D'altra parte, osserva la corte, applicando il criterio di cui all'art. 1123 si giungerebbe alle conseguenze paradossali per cui potrebbe chiedere di essere esentato dal pagamento chi non utilizza mai l'ascensore o, al contrario, potrebbe trovarsi a dover sopportare costi maggiori una famiglia numerosa. Non solo l’art. 1123 non si rende applicabile alla ripartizione delle spese di pulizia scale in quanto è possibile procedere alla ripartizione delle spese condominiali in ragione della utilità che la cosa o il servizio comune può dare in quanto tale utilità sia misurabile (come ad es., avviene per il riscaldamento, in cui si fa riferimento alla superficie radiante dei termosifoni installati nelle singole unità immobiliari in proprietà esclusiva). In definitiva la posizione della S.C. circa le spese di pulizia delle scale condominiali è la seguente:
«La ripartizione delle spese per la pulizia delle scale secondo quanto previsto dall'art. 1124 cod. civ., poi, è conforme alla ratio di tale disposizione, la quale va individuata nel fatto che, a parità di uso, i proprietari dei piani alti logorano di più le scale rispetto ai proprietari dei piani più bassi, per cui contribuiscono in misura maggiore alla spese di ricostruzione e manutenzione. Ugualmente, a parità di uso, i proprietari di piani più alti sporcano le scale in misura maggiore rispetto ai proprietari dei piani più bassi, per cui devono contribuire in misura maggiore alle spese di pulizia.
Va soltanto chiarito che la ripartizione delle spese va fatta con applicazione integrale del criterio dell'altezza di piano; la disposizione contenuta nell'art. 1124 primo comma, cod. civ. secondo la quale la metà delle spese per la ricostruzione e manutenzione delle scale va effettuata in base ai millesimi, deroga, infatti, in parte a tale criterio (applicativo del principio generale di cui all'art. 1123 secondo comma, cod. civ.) e quindi non può trovare applicazione analogica con riferimento a spese diverse da quelle espressamente considerate».

(nota di Gianluca Lanciano)

Criterio di ripartizione delle spese per la pulizia delle scale

Cass., sez. II, n. 432 del 12/01/2007
La ripartizione delle spese per la pulizia delle scale va effettuata in base al criterio proporzionale dell’altezza dal suolo di ciascun piano o porzione di piano a cui esse servono, in applicazione analogica dell’art. 1124 c.c.
Il criterio di ripartizione prescinde dalla destinazione d’uso delle varie unità immobiliari.

Mascalzonelatino ha detto...

SCALE PULIZIE A TURNO FRA CONDOMINI

Premesso che
la Cass. Civile n. 16485 del 22.11.2002 ha stabilito: << L'Assemblea dei condomini ha la facoltà di decidere in ordine alle spese ed alle modalità di riparto, deliberando l'approvazione del bilancio preventivo e consuntivo, ma le è esclusa la possibilità di imporre al singolo condomino l'obbligo di pulire le scale in un dato momento, o di provvedervi attraverso un proprio pulitore. Nel caso l'Assemblea assuma una simile delibera, questa sarebbe radicalmente nulla, avendo i condomini statuito oltre le proprie competenze, violando i diritti del singolo condomino sui quali la legge non consente ad essa di incidere. >>
qualche volta comunque i condomini si accordono per fare le pulizie a turno. Ogni condomino fà il suo turno.
Ritengo che solo nei seguenti casi, ci siano gli obblighi da "datore del lavoro":
"s
ussiste un rapporto subordinato tra un condominio ed un addetto alle pulizie allorchè risulti in modo inequivoco la inesistenza di una seppur minima organizzazione di impresa da parte del lavoratore e l'assenza, quindi, di qualsiasi rischio attinente all'esercizio dell'attività, nonchè l'esistenza di un orario a carico del lavoratore stesso" (Pret. Venezia, 15 giugno 1990);
"è configurabile un rapporto di lavoro subordinato, con il conseguente obbligo di versamento dei contributi previdenziali relativi all'assicurazione generale obbligatoria, nell'ipotesi di un condòmino che, senza disporre di una propria organizzazione autonoma, svolga giornalmente attività di pulizia delle scale in favore del condominio" (Pret. Parma, 31 marzo 1980).
e non nel caso in cui, effettivamente ogni condomino fà il suo turno. Sbaglio ?